domenica 21 settembre 2014

"Cenni di storia sul Make-up: il fondotinta"

Già da tempo mi ero prefissata di ripercorrere  le tappe storiche del make-up, ed in  modo particolare quelle del "fondotinta" , certamente uno dei cosmetici più antichi  che oggi più che mai ha il potere di sublimare o illuminare un incarnato già bello di suo, non certo, quello di coprire od eliminare difetti macroscopici. Ancor prima di fare una carrellata tra le ultime novità ripercorriamo però la sua storia, o quanto meno le sue origini.
Gli Egizi erano adusi sbiancare i loro visi con la cerussa, ovvero la biacca (ossido di piombo): era disponibile in diverse sfumature di colore, dalla più pallida alla più ambrata.
La Regina Nefertiti


Le donne dell’antica Grecia molto attente alla loro bellezza, illuminavano la loro pelle con estratti di minio, ancusa o fuco dai colori rossicci, per dare gran risalto alle gote e renderle rosee sinonimo di buona salute.


I Romani mescolavano la cerussa con il guano da cui ottenevano un effetto maschera simile all’intonaco. Lo stesso Ovidio nell’Ars Amandi  si rivolge così alle donne:  «voi già sapete come render bianca con la cera la pelle, e se dal sangue non vi viene il color roseo del viso, supplisce l’arte» e nel suo trattato il Medicamina Faciei Femineae, conosciuto per la cura della bellezza,   Ovidio dava la ricetta di un fondotinta schiarente di sua invenzione ed i cui ingredienti erano: orzo, lenticchie, uova, corna di cervo, bulbi di narciso, farro e naturalmente non poteva mancare la cerussa!!!!! 



Nel Medioevo, a causa dei costumi imposti dalla Chiesa, tutto ciò che era legato alla vanità era ritenuto frutto dell’ingegno del diavolo, pertanto diabolico e sacrilego:  un viso era considerato bello solo se bianchissimo, ed era consuetudine delle signore  applicare sul volto alcune creme ottenute mescolando l’ossido d’argento e di mercurio al grasso animale, insieme ad avena, argilla polverizzata, limone aceto, canfora. L’ideale era quello della donna normanna, bianca di carnagione e con i capelli biondi. 
Risale al medioevo il solo trattato di cosmetologia degno di nota, tra l’altro rimane tra i più autorevoli della storia: il “De Ornatu Mulierum” noto anche con il nome di Trotula Minor“,poiché la donna che si dedicò alla sua stesura era Trotula De Ruggiero, medico e docente dell’antica Scuola Medica Salernitana,
Trotula de Ruggiero


 Durante il Rinascimento Caterina Sforza, celebre figura dell’Italia Rinascimentale, si occupò a lungo di erboristeria, medicina, cosmetica ed alchimia, lasciandoci un libro: Experimenti della excellentissima signora Caterina da Forlì, con attenzione particolare all’incarnato che doveva essere di alabastro, per cui le discromie cutanee venivano corrette sempre con la biacca di piombo insieme alla cipria che era polvere di riso. (http://www.illusionanddesire.com/makeup/il-trucco-e-la-cosmesi-nella-storia-e-nella-societa-il-rinascimento/)
Caterina Sforza


Nel 700, onde mettere in evidenza l’incarnato di madreperla con il blu nobile  delle vene sottolineato tra l’altro da matite a base di lapislazzulo, dame e cavalieri usavano pomate pastose e oleose compreso il burro, per poi spolverizzare i loro visi  con grandi quantità di cipria ottenuta con polvere d’amido e talco. (http://wordpress-stage.donnamoderna.com/...)

Tale tradizione continuò anche nell’800 per affermare con veemenza che solo l’incarnato lunare potesse esprimere nobiltà d’animo e di stirpe, a tale scopo con un grande ricorso a terrificanti misture di piombo, bismuto,  mandorle amare e sublimato corrosivo, ingredienti questi che mescolati assieme formavano il bicloruro di mercurio, base del cianuro. Il pallore inoltre richiamava la luna e la sofferenza wertheriana, prerogativa della classe nobile poiché i contadini lavorando nei campi erano belli rubizzi e abbronzati. Le nobildonne, non si esponevano mai al sole se non con ombrellini cappelli e guanti.

All’inizio del Novecento in piena epoca edoardiana il trucco era considerato un tabù, a quanto pare riservato alle sole donne di malaffare,  e qui apro una piccola parentesi, un tabù che a parer mio nel terzo millennio ancora esiste soprattutto per quel cosmetico chiamato rossetto! Pertanto le donne cercavano di schiarire la loro pelle con lozioni e tonici a base di limone. Anche andare alla ricerca di cosmetici era considerato riprovevole, ma nel 1909 già, Gordon Selfridge lanciò in Oxford Street a Londra, i primi banchi di cosmetici ove le donne potevano provare i vari preparati prima dell’acquisto. In questo periodo erano già famosi alcuni profumieri che si occupavano in primo luogo della cura della pelle, come Houbigant (1775), Rimmel (1834), Bourjois (1863), Shiseido (1872),Ponds (1872), Richard Hudnut (1888). Il make-up vero e proprio nacque  in concomitanza con lo svolgersi della prima guerra mondiale, in questo periodo grazie alla ricerca di personaggi come Helena Rubinstein (1903), Papier Poudre (1903), Coty (1904),Princess Pat (1907), Harriet Hubbard (1907), Max Factor ( 1909), L’Oréal (1909) di Eugene Sueller  ed Elizabeth Arden (1910)  ove il trucco viene finalmente utilizzato non per correggere dei difetti, ma per puro piacere personale  http://www.vintaged.it/storia-trucco-make-up-xx-secolo-1900-1919/

Fu  però il grande Max Factor che nato in Russia, ed emigrato in America nel 1914, stabilendosi a Los Angeles per avvicinarsi alla nascente industria del cinema finì per creare  il look delle più famose icone dell'epoca, come Ava Gardner, Jean Harlow e Marlene Dietrich, con la convinzione che il glamour dovesse essere ad appannaggio di tutte le altre donne. Lo stesso make-up fu un termine coniato da Max Factor che lanciò il primissimo fondotinta chiamato Pan-Cake e poi di seguito il Crem-Puff, la prima base cremosa con la polvere, e anche il Pan-stick, il fondotinta in stick per i piccoli ritocchi, prodotti storici che esistono ancora e hanno segnato un’epoca:  gli valsero addirittura un Oscar.


Per tutte le amanti della storia del  trucco suggerisco l’interessantissimo sito http://www.maxfactor.it/heritage/la-storia-di-max-factor

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