martedì 22 agosto 2017

"Miel de Bois": il Capolavoro Incompreso Lutens - Sheldrake

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Non sempre si ha la capacità di recepire un grande capolavoro nell’immediato: è trascorsa forse una decade dalla prima volta in cui ebbi modo di sentire Miel De Bois, e la mia prima reazione fu quella di depennarlo tanto rapidamente al punto di non conferirgli altra possibilità. A distanza di molti anni mi è stata regalata una seconda opportunità e quella stessa fragranza  mi ha come stregata, stordita e persino turbata per la sua bellezza vivida, oscura e inquietante.

Intenso, dolce, fumoso e allo stesso tempo acre e vischioso, incanta e ammalia  lasciando che lentamente ci si inoltri in un labirinto parallelo e nascosto dal mondo reale,     un rifugio ideale dagli orrori della  quotidianità, ove l’immaginario fiabesco diventa l’unica  difesa possibile. La magia evocativa dell’olfatto qui è talmente potente da trasformarsi in autentica visione cinematografica e precisamente nel “Labirinto del Fauno”: un film cult del 2006 di Guillelmo del Toro, che spazia tra incanto e orrore, dove tutto è permeato da un’atmosfera cupa dai contorni apocalittici .  La protagonista è Ofelia, reincarnazione della Principessa Moanna, Sovrana del regno del sottosuolo che guidata dal Fauno,dovrà  affrontare e superare innumerevoli e difficili prove prima di poter far ritorno a casa.

Miel de Bois possiede in sé tutti i tratti distintivi della genialità Lutens-Sheldrake: oscuro, elaborato e audace da lasciare storditi, confusi e inebriati: Il miele grezzo e non ancora trasformato trabocca pieno di dolcezza dalla cera d’api  e si riversa su un altare di legni millenari, bruciati e affumicati. Ogni varietà di miele ha diverse note olfattive, ma tutte ne hanno in comune uno: l'acido fenilacetico e Miel de Bois ne è pregno! Non è altro che il lato animalico del miele che risulta ben stemperato dalla presenza dei legni, incensi, biancospino e iris.

Un envol-lift iniziale  a dir poco spettacolare e ombroso che lascia il passo ad  un meraviglioso profumo di bosco con accenti di biancospino e iris. Il miele è ancora lì, ma non lascivo e crudo come nell’apertura iniziale: si ripiega su se stesso mutando la propria dolcezza   diventando luminoso, leggero e quasi aereo, come in un ronzio ipnotico di ali iridescenti in una raffinata architettura esagonale di cera, miele e luce.




Scena tratta dal film "Il Labirinto del Fauno"