The tuberose, with her silvery light, That in the gardens of Malay Is
call'd the Mistress of the Night, So like a bride, scented and bright; She
comes out when the sun's away.
Thomas Moore
Thomas Moore
L’intento di oggi è quello di
rendere omaggio ad un fiore, nei confronti del quale non sono ammesse mezze misure: o lo si ama alla follia,
o, lo si odia! Si tratta della splendida e delicata tuberosa meglio conosciuta
dal punto di vista scientifico come Polianthes Tuberosa, cui oggi viene
dedicata presso il Beauty Concept di Monza una intera giornata di studio e
approfondimento su iniziativa del Gruppo di Adjiumi nella persona di Cristian Cavagna con la collaborazione di Gian Luca Perris.
E’ un fiore originario del Messico coltivato in epoca precolombiana dai nativi americani
ed in seguito dagli Aztechi, i quali erano adusi chiamarla omixochitl
ovvero “fiore-osso”, termine scaturito
dall’aspetto e consistenza dei fiori cerosi e bianchi iridescenti propri della
pianta.
Si narra che l’arbusto venne importato nel vecchio continente grazie
agli spagnoli e ad un missionario francese letteralmente conquistati dalla tuberosa. Le foglie, che
appaiono come nastri, crescono alla base della pianta e si arcuano verso
l’esterno: sono di un verde brillante in netto contrasto con il colore e la
consistenza della fioritura di un rosa avorio quasi perlescente, i fiori della
tuberosa infatti sono a forma di imbuto, di colore bianco e raccolti in infiorescenze a spiga: per molto
tempo fecero parte dei “giardini lunari” di moda tra la ladies d’epoca vittoriana sia per esaltare il colorito
pallido dei loro visi di porcellana e sia per l’effluvio odoroso quasi ipnotico
che emanavano solo dopo il tramonto, ed è proprio per questo che la tuberosa è
popolarmente conosciuta come “Night Queen”, “Mistress of the Night”, o “Raat ki
Raani”, in India. Fiore ipnotico per eccellenza, dalla scia carnale e
conturbante, fino al punto che nel Rinascimento venne decretato alle fanciulle
financo il divieto di annusarne il profumo narcotico nel timore che potessero avere
un “orgasmo” spontaneo!!!!. Lo stesso divieto veniva adottato anche in India –
dove il suo nome ki rani significa ”corteggiatrice della
notte” – in quanto secondo la credenza popolare si pensava che il suo profumo
potesse far cadere in un oblio di sentimentalismo impossibile da eludere.
La tuberosa è stata definita, non
a torto la “meretrice della profumeria”: addirittura i fiori naturali dopo la
raccolta hanno una potenza tale che possono trasudare il loro effluvio per
giorni e giorni .
L’assoluta del fiore, in passato,
era prodotta solo nel sud della Francia attraverso il metodo dell’enfleurage: tecnica
estrattiva nata al tempo degli Egizi che permette di trattare a freddo
tutti i fiori molto delicati, come per l’appunto:
tuberose, rose, gelsomini, viole e molti altri. Questa tecnica si basa sull’estrazione
tramite un solvente in grado di assorbire gli oli essenziali, sfruttando
un principio, risalente all’epoca degli alchimisti medievali, che il simile scioglie il simile:
essendo gli oli essenziali delle sostanze lipofile, il solvente che viene
utilizzato per l’enfleurage è un grasso solido.
In passato si utilizzavano grassi di origine animale come quello di maiale o di bue; oggi vengono impiegati grassi vegetali come il benzoino.
In passato si utilizzavano grassi di origine animale come quello di maiale o di bue; oggi vengono impiegati grassi vegetali come il benzoino.
Il[1]
grasso viene spalmato su due telai formati da una lastra di vetro inserita in
una cornice di legno.
I petali dei fiori, raccolti a mano, meglio se la mattina stessa, vengono poi disposti in uno strato sottile al di sopra del grasso. I telai vengono poi sovrapposti l’uno sopra l’altro e lasciati riposare per alcuni giorni. Successivamente i petali vengono rimossi scrupolosamente e sostituiti con altri nuovi appena raccolti. Questa operazione viene ripetuta più volte (circa 30) fino alla completa saturazione del solvente.
Terminato l’enfleurage il grasso viene raschiato dai telai e quello che si ottiene è la cosiddetta pommade ossia una pomata profumata ricca di essenza floreale.
Tale prodotto sarà tanto pregiato quante più volte è stato ripetuto il trattamento, in modo da rendere completamente esausto il grasso impiegato.
La pommade può essere utilizzata tale e quale come essenza solida oppure può essere “lavata” con determinati solventi (come l’alcol etilico) ottenendo un olio profumato dal quale, dopo opportuna filtratura, si ottiene l’Assoluta, ossia l’essenza floreale pura.
I petali dei fiori, raccolti a mano, meglio se la mattina stessa, vengono poi disposti in uno strato sottile al di sopra del grasso. I telai vengono poi sovrapposti l’uno sopra l’altro e lasciati riposare per alcuni giorni. Successivamente i petali vengono rimossi scrupolosamente e sostituiti con altri nuovi appena raccolti. Questa operazione viene ripetuta più volte (circa 30) fino alla completa saturazione del solvente.
Terminato l’enfleurage il grasso viene raschiato dai telai e quello che si ottiene è la cosiddetta pommade ossia una pomata profumata ricca di essenza floreale.
Tale prodotto sarà tanto pregiato quante più volte è stato ripetuto il trattamento, in modo da rendere completamente esausto il grasso impiegato.
La pommade può essere utilizzata tale e quale come essenza solida oppure può essere “lavata” con determinati solventi (come l’alcol etilico) ottenendo un olio profumato dal quale, dopo opportuna filtratura, si ottiene l’Assoluta, ossia l’essenza floreale pura.
L’Enfleurage è la prima
tecnica utilizzata per ottenere i profumi.
Ad oggi, è stata quasi del tutto abbandonata per gli elevati costi e per i tempi molto lunghi di lavorazione e viene utilizzata la tecnica di estrazione con solventi: esano e derivati del petrolio, questi ultimi di natura lipofila cioè affine ai grassi, riescono a estrarre sostanze odorose che non si riuscirebbero ad ottenere con la distillazione perchè troppo pesanti; inoltre ci sono molecole profumate che con il calore della distillazione si rovinerebbero. Quando il solvente ha assorbito l’estratto odoroso otteniamo la concreta che si “lava” poi con alcool etilico, in modo che la fragranza si trasferisca dal solvente lipofilo all’alcool; questi solventi verranno poi eliminati attraverso processi tecnici L’estratto finale, il concentrato odoroso che rimane dall’eliminazione dei solventi è l’assoluta.
Ad oggi, è stata quasi del tutto abbandonata per gli elevati costi e per i tempi molto lunghi di lavorazione e viene utilizzata la tecnica di estrazione con solventi: esano e derivati del petrolio, questi ultimi di natura lipofila cioè affine ai grassi, riescono a estrarre sostanze odorose che non si riuscirebbero ad ottenere con la distillazione perchè troppo pesanti; inoltre ci sono molecole profumate che con il calore della distillazione si rovinerebbero. Quando il solvente ha assorbito l’estratto odoroso otteniamo la concreta che si “lava” poi con alcool etilico, in modo che la fragranza si trasferisca dal solvente lipofilo all’alcool; questi solventi verranno poi eliminati attraverso processi tecnici L’estratto finale, il concentrato odoroso che rimane dall’eliminazione dei solventi è l’assoluta.
Ci occupiamo dell’assoluta di tuberosa dal punto di vista olfattivo, ma
studi recenti e non, hanno dimostrato le molteplici proprietà terapeutiche dell’olio
essenziale di tuberosa: come “afrodisiaco” in aromaterapia, abbassando anche la
soglia dello stress e della tensione con effetto rilassante sul cervello,
muscoli e nervi. Aumenta inoltre la circolazione del sangue con un effetto
benefico su tutto il metabolismo.
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